16 marzo 1990 – Dichiarazioni di Cristiano Fioravanti al Giudice Istruttore di Palermo

AL G.I. DI PALERMO IL 16.3.1990 (Fot. 918820 Vol. LXVII)

 “Intendo avvalermi della facoltà di non rispondere, anche se riconosco integralmente tutte le dichiarazioni sin qui rese, in quanto non ho più la forza né fisica né psichica per continuare ad accusare mio fratello, subendo tutte le conseguenze di carattere morale, affettivo e familiare connesse a questa mia scelta, che mi è costata e mi costa un prezzo altissimo.

Tra l’altro, ho interrotto quasi del tutto ogni rapporto con l’esterno, all’infuori di mia sorella.

Intendo chiarire che non è un ripensamento alla mia scelta di collaborazione, anzi sostengo tutt’oggi che sia stata la scelta più giusta che mi ha permesso di trovare la via per tentare di espiare i miei gravissimi reati.

Tale collaborazione, però, per il motivo avanti indicato, non comprende proprio e soltanto il processo riguardante l’omicidio dell’on. MATTARELLA, o meglio, non intendo andare oltre nella collaborazione già resa dell’istruttoria di quest’ultimo processo.

Spontaneamente aggiunge: non escludo che in futuro, se riuscirò a superare questo stato di prostrazione fisica e psichica, sarò di nuovo disponibile a rendere ulteriori interrogatori, anche perché mi rendo conto che questa mia scelta odierna cozza con la scelta precedente di recidere nettamente ogni legame con passato.

A questo punto, sono le ore 16,40, si presenta l’avv. Giampiero MENDOLA in sostituzione dell’avv. DI PIETROPAOLO, il quale viene reso edotto di quanto sin qui verbalizzato. Letto, confermato e sottoscritto alle ore 16,45.

Si dà atto che prima di firmare il verbale il FIORAVANTI spontaneamente accetta di rispondere solo ad una domanda concernente un piumino di colore azzurro.

A D.R. Ricevo lettura di quanto dichiarato da mio fratello Valerio, circa il possesso di un piumino di colore blu, nel suo interrogatorio del 23.10.1989.

Al riguardo, devo precisare che è vero che io possedevo o meglio ho posseduto un piumino di colore azzurro, marca Moncler. Ho comprato, però, tale indumento solo dopo l’estate del 1980 e non so che fine abbia fatto. È vero, però che Stefano SODERINI quando venne al carcere di Paliano, nel 1986 o 1987, mi regalò un piumino di colore blu, marca CIESSE, dicendomi che era stato di Valerio. Io non avevo ricordo che tale indumento era stato nella disponibilità di mio fratello. Questo capo di abbigliamento, per quel che ne so, dovrebbe tuttora trovarsi in casa di mio padre, in via del Tritone n. 94 Roma. In questo momento mio padre si trova all’estero, a Ceylon, ed in casa non c’è nessuno.

A D.R. Prima del piumino Moncler avevo avuto un altro piumino, di scarso valore commerciale, forse di origine cinese, di colore azzurro «carta da zucchero» ma non blu, che utilizzavo per andare in motocicletta. Anche di questo indumento non ho saputo più nulla da quando mi sono dato alla latitanza”.

Le dichiarazioni testé trascritte spiegano le ragioni del comportamento processuale assunto, nel medesimo periodo (marzo 1990), innanzi alla Corte di Assise di Appello di Bologna, che giudicava – in quel momento – sulla strage del 2.8.1980.