19 dicembre 1986 – Dichiarazioni di Cristiano Fioravanti al Giudice Istruttore di Palermo

AL G.I. DI PALERMO IL 19.12.1986 (Fot. 702731 Vol. XXV)

Cristiano FIORAVANTI riceve dapprima lettura delle dichiarazioni, in data 7.6.1986 (v. appresso), con le quali il fratello Valerio ha respinto ogni accusa, definendo “inspiegabile” e “contraddittoria” la condotta di Cristiano.

Il dichiarante spiega ancora una volta, in maniera seria e convincente, il travagliato “iter” psicologico ed emotivo che, del tutto disinteressatamente, lo ha indotto a rivelare ciò che sa sull’omicidio MATTARELLA.

“… Ricevo lettura di quanto dichiarato da Valerio FIORAVANTI il 7.6.1986 (Fott. 639197-639209 Vol. XX) e, al riguardo, dichiaro quanto segue.

Anzitutto, ribadisco le mie precedenti dichiarazioni, di cui ricordo perfettamente il contenuto, in ordine a quanto mi risulta circa la partecipazione di mio fratello all’omicidio MATTARELLA.

Vorrei ancora una volta sottolineare, da un lato, che accusare mio fratello di un omicidio così “sporco” a me è costato e costa tuttora grandissima fatica per l’affetto che mi lega a Valerio: inoltre i miei familiari mi hanno aspramente criticato mossi da evidente affetto per Valerio. Dall’altro, non vedo proprio quale concreto interesse processuale potrei ricavare da queste mie accuse contro mio fratello.

In tutti i processi a mio carico ho lealmente ammesso e mie responsabilità e quelli più gravi sono già definiti o sono sul punto di esserlo con riconoscimento della mia «qualità di pentito».

Io ritengo che in tempi brevi ragionevolmente, riacquisterò la libertà e non vedo perché avrei dovuto accusare mio fratello di reati tanto gravi se fossi stato spinto, come afferma Valerio, da motivi di sconti di pena. Solo in tempi recenti ho deciso di riferire quanto a mia conoscenza sull’omicidio MATTARELLA, volendo giungere ad un chiarimento con me stesso e sulla reale personalità di mio fratello.

Noto con stupore che mio fratello ha riferito fatti molto controproducenti per lui stesso come la sua presenza a Palermo nel gennaio 1980; circostanza, questa, che non aveva mai ammesso finora e della quale io nulla sapevo.

Ricordo che, nell’ultimo confronto con Valerio, quest’ultimo si dichiarava del tutto tranquillo
sull’omicidio MATTARELLA poiché, a suo dire aveva conosciuto MANGIAMELI soltanto nel marzo-aprile 1980; e nessuno all’infuori di lui, era a conoscenza di questa circostanza
, che non era altrimenti dimostrabile se egli non l’avesse riferita.

In definitiva, questo stranissimo comportamento processuale di Valerio può trovare spiegazione, a mio avviso, solo nel fatto che egli, non potendolo ammettere esplicitamente, fa di tutto affinché la sua responsabilità in ordine all’omicidio in questione venga fuori per altra via.

Io ho le mie precise convinzioni circa i motivi di questo suo persistente diniego a confessarsi autore dell’omicidio MATTARELLA; ma trattandosi soltanto di supposizioni mi astengo doverosamente dal riferirle.

È certo, però, che deve esserci qualcosa di grave perché mio fratello adotti un comportamento tanto strano, specie se si considera che ha confessato gli altri omicidi da lui commessi.

Vorrei sottolineare, per esigenze di chiarezza, che non mi sentirei di fare affidamento con tranquillità su quanto riferito da Angelo IZZO.

E ciò non perché abbia riferito cose false sul mio conto, travisando il mio ruolo in vicende in cui, peraltro, ho ammesso le mie responsabilità (vedi omicidio DI LEO, commesso a Roma nel settembre 1980).

Ma perché in realtà, egli ha sempre riferito cose francamente inattendibili e indimostrabili, rivelando col suo comportamento di gravitare in un ambiente torbido.

Non si deve mai dimenticare che IZZO è quel soggetto resosi responsabile dell’inqualificabile atto delittuoso di S. Felice CIRCEO e che, proprio per questa sua personalità, non era certamente visto di buon occhio da noi, anche se faceva parte di QUEX (la rivista rivoluzionaria dei detenuti di destra): mi sembra assurdo, dunque, che tutti – anche persone di notevole spessore politico e di forte personalità – facessero quasi a gara per confidargli tutti i segreti più gravi.

A D. R. Non ho mai detto ad IZZO che il tramite della conoscenza fra Valerio e MANGIAMELI fosse Peppe DI MITRI; ciò a me non risulta e, pur avendone parlato con mio fratello, ritengo più probabile che sia stato altri ma potrei fare solo supposizioni.

Per quanto ne so, è stato Sergio CALORE a far conoscere CAVALLINI a mio fratello.

Io ritengo che il primo gesto commesso dai due, insieme, sia stata la rapina di Tivoli commessa alla fine del 1979 (gioielleria).

A D.R. Sono sicuro che Valerio mi abbia detto la verità nel confidarmi le sue responsabilità nell’omicidio dell’uomo politico siciliano.

Egli doveva convincermi dell’utilità, dopo l’uccisione di MANGIAMELI, anche dell’uccisione della moglie e della figlia di quest’ultimo e, pertanto, doveva presentarmi una reale esigenza; e mi disse, pertanto, che la moglie aveva partecipato alla riunione in cui si era decisa l’uccisione ed era ancora più pericolosa del marito”.