AL G.I. DI PALERMO IL 24.7.1990 (Fot. 938441 Vol. LXX)
“Intendo continuare ad avvalermi della facoltà di non rispondere, anche se riconosco integralmente, le dichiarazioni sin qui rese giacché, da quando ho preso questa decisione, ho finalmente trovato quella tranquillità di animo che in precedenza avevo inutilmente cercato.
Ho ripreso efficacemente un sereno rapporto familiare con mia sorella Cristina e non intendo più perderlo, anche perché è l’unico che mi è rimasto.
Infatti, da circa 2 anni non vedo più mio padre, il quale, schierato apertamente dalla parte di Valerio, ritiene forse in tal modo di condizionare il mio comportamento fino a quando questa istruttoria non sarà conclusa.
Intendo chiarire che la decisione ancora oggi riaffermata è frutto anche di questo comportamento di mio padre, ma è soprattutto determinata da una mia riflessione sui veri valori della vita tra i quali ritengo di collocare al primo posto quello della famiglia.
E siccome, allo stato, la mia famiglia è costituita da mia sorella Cristina, intendo salvaguardare questo rapporto. Tra l’altro, dopo avere fermamente creduto nel valore della giustizia in questi ultimi mesi ho avuto la sensazione di essere stato «usato» cioè di essere stato spremuto e poi gettato via.
Non posso nascondere che nella mia ansia, tuttora attuale, di capire che cosa ha fatto realmente mio fratello Valerio, avrei voglia di continuare a dare il mio apporto alle indagini e al riguardo, posso soltanto dire che, ad esempio, sono ansioso di sapere come mai una BMW (serie 7) di cui CAVALLINI aveva la disponibilità a Milano (nel 1981) e che doveva servire per il sequestro del figlio di BENETTON, è stata poi trovata a Palermo.
Ho appreso questa notizia dalla D.ssa DAMENO, che mi interrogò a Milano verso il 1986 (per il significato di questa vicenda, v. appresso: n.d.r.).
Comunque, nonostante questa mia ansia di conoscenza, ritengo di dover continuare nella mia scelta odierna di non rendere ulteriori dichiarazioni”.