AL P.M. DI ROMA L’8.5.1986 (Fot. 639972 Vol. XXI)
Da questo magistrato, Cristiano FIORAVANTI viene dapprima interrogato in merito a precedenti indicazioni di Angelo IZZO, relative ad un suo possibile coinvolgimento nell’omicidio di Mino PECORELLI (v. deposizione dell’IZZO. al G.I. di Bologna dell’8.4.1986, infra) e fornisce una spiegazione, traente origine dai rapporti che l’IZZO cercava di allacciare con Raffaella FURIOZZI, già fidanzata di Cristiano FIORAVANTI (anche su ciò, v. in particolare la deposizione di Ivano BONGIOVANNI del
17.4.1986).
In tale interrogatorio, Cristiano FIORAVANTI fornisce inoltre ulteriori dettagli sulla sua decisione di rivelare quanto a sua conoscenza sull’omicidio MATTARELLA:
“… Ovviamente, dopo aver recentemente appreso dalla FURIOZZI che questa è ancora innamorata di me, pur se non posso essere certo di nulla, mi viene da pensare che IZZO mi abbia accusato proprio per «eliminare il suo rivale in amore».
Tale interpretazione mi sembra ovviamente riduttiva ma non riesco a dare altre spiegazioni, oltre questa o quella di guadagnare titoli di merito agli occhi dei Magistrati.
Io, d’altronde, sono stato convinto dall’IZZO a dire anche quanto sapevo sugli omicidi PECORELLI e MATTARELLA; la cosa mi è costata molta fatica ma fu l’IZZO a dirmi che dovevamo mettere con le spalle al muro mio fratello e che Valerio doveva uscire allo scoperto anche sulla strage di Bologna. Ciò potevamo fare solo se riuscivamo a convincere e «chiudere» Valerio sulle cose che sapevamo… Mi aggiunse che il pentimento del SODERINI poteva comportare l’effetto che egli parlasse degli omicidi MATTABELLA e PECORELLI per averlo saputo in carcere da Valerio. Disse che sui due fatti egli aveva ricevuto notizie in carcere da Valerio e che ben poteva darsi che lo stesso racconto Valerio avesse fatto a Stefano.
Tutto ciò mi veniva detto da IZZO attorno ai primi di marzo e, comunque, in periodo immediatamente prossimo al tempo in cui venne sui giornali notizia del pentimento di SODERINI (e cioè durante il processo per i fatti del Flaminio) e vennero a Paliano i Giudici di Bologna e di Firenze.
Si tratta di giorni diversi rispetto a quello del mio interrogatorio del 26.3.1986 al Giudice VIGNA.
IZZO mi disse che la congerie di indizi che ho sopraindicato portava inevitabilmente a Valerio e che io dovevo contribuire alla verità e ad indurre Valerio a dirla con compiutezza.
Fu così che quando IZZO mi disse che il dott. VIGNA era a Paliano, io mi portai da lui dopo che IZZO mi aveva introdotto, chiedendo al dott. VIGNA se poteva interrogarmi sull’omicidio MATTARELLA.
Nei giorni successivi, fui interrogato su quell’omicidio e sull’omicidio PECORELLI anche dai Giudici di Palermo e dal Giudice MONASTERO, al quale fra l’altro espressi il mio desiderio di avere un confronto allargato con IZZO, SODERINI e Valerio.
Seppi poi da IZZO che aveva telefonato al dott. MANCUSO di Bologna e da questo aveva appreso della inopportunità di un confronto che precedesse l’interrogatorio da parte dei Giudici bolognesi dell’IZZO medesimo.
A questo punto mi arrabbiai moltissimo, perché dissi ad IZZO che in questo modo avremmo praticamente «incastrato» mio fratello e il nostro scopo di chiarezza sarebbe venuto meno, in quanto Valerio non sarebbe «venuto con noi» e mai e poi mai avrebbe detto qualcosa, dopo aver appreso che dei due omicidi si interessavano i Giudici di Bologna…
Voglio aggiungere spontaneamente, dopo aver avuto lettura del verbale, che IZZO mi convinse a dire le cose che sapevo sull’omicidio MATTARELLA e PECORELLI.
Le mie dichiarazioni sul punto corrispondono pienamente al vero, nel senso che io ho effettivamente appreso da varie fonti di conoscenza indicate nei miei precedenti verbali la responsabilità di Valerio, CAVALLINI ed altri sui due fatti criminosi indicati.
Ciò dico per eliminare qualsiasi dubbio che sul punto potesse essere mai avanzato. D’altra parte, a dare ulteriore contezza della veridicità delle mie affermazioni, stanno le motivazioni che precedettero quelle dichiarazioni e la volontà di chiarire la posizione di mio fratello.
Il mio intento era addirittura quello di fare dichiarazioni in dibattimento durante il processo MANGIAMELI e ciò per mettere pubblicamente e «brutalmente» mio fratello di fronte alle sue responsabilità…”.