A partire dall’ottobre 1982 cominciavano a intervenire nel procedimento penale alcune dichiarazioni di “collaboranti”, inseriti a vario livello in gruppi dell’estremismo di destra, che facevano risalire a soggetti gravitanti in quell’ambiente l’esecuzione materiale dell’omicidio di Piersanti MATTARELLA.
Come si vedrà, tali fonti di prova – sottoposte a rigoroso vaglio critico, con riferimento ad elementi oggettivi di verifica della attendibilità intrinseca ed estrinseca dei “collaboranti” – appaiono perfettamente compatibili con le altre significative acquisizioni istruttorie, che hanno consentito di delineare, con ragionevole certezza, la matrice politico-mafiosa dell’omicidio del Presidente della Regione Siciliana, volto a troncarne il suo coraggioso e tenace impegno per un profondo rinnovamento della politica e dell’amministrazione regionale.
I primi concreti elementi di prova, in tale direzione, sono stati forniti dalle dichiarazioni di Cristiano FIORAVANTI.
Questi – già appartenente, insieme al fratello Valerio, a gruppi romani dell’estrema destra – dopo il suo arresto (8.4.1981) maturava un progressivo ed autentico pentimento. Si apriva ad una fattiva collaborazione, ammettendo la propria responsabilità e fornendo precise e coerenti indicazioni probatorie in relazione a numerosi e gravissimi delitti.
In particolare, con riferimento all’omicidio dell’on. Piersanti MATTARELLA, le dichiarazioni rese da Cristiano appaiono caratterizzate da una drammatica progressione, le cui ragioni egli stesso spiegherà in taluni dei suoi interrogatori.
Il drammatico “iter” di ravvedimento e di dissociazione percorso da Cristiano FIORAVANTI inizia con talune caute indicazioni, fornite tra il 1982 ed il 1985, il cui significato – verificato alla luce delle dichiarazioni, ampie e complete, rese a partire dal 1986 – appare quello:
- di evitare di accusare, dapprima, direttamente il fratello, al quale è legato da un intenso rapporto affettivo;
- di fornire, tuttavia, all’Autorità giudiziaria gli elementi per un’indagine, nel cui ambito, anche con l’acquisizione di ulteriori fonti di prova, il fratello Valerio possa determinarsi a chiarire da sé le proprie responsabilità.
La prima fase delle dichiarazioni, contraddistinta da semplici “segnali”, inizia con le dichiarazioni rese al G.I. di Roma, delle quali si riporteranno i passi più significativi.